L’appartenenza del suolo in comunione a più soggetti, nell’ipotesi in cui uno dei comunisti abbia realizzato una costruzione o un’altra opera sopra lo stesso – contrariamente a quanto sostenuto da quell’orientamento giurisprudenziale che riteneva applicabile, nel caso de quo, la disciplina in materia di comunione di cui agli artt. 1100 e ss. cod. civ. – non rappresenta un ostacolo alla piena operatività del principio di accessione ex art. 934 cod. civ.

A dirimere il contrasto insorto tra le Sezioni semplici, con sentenza del 16 febbraio 2018 n. 3873, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno riconosciuto - in mancanza di contrario accordo, nonché di titolo idoneo alla costituzione di un diritto reale sul medesimo suolo, redatti in forma scritta ad substantiam - la piena proprietà di tutti i comproprietari in proporzione alle rispettive quote dominicali.

Sennonché, gli Ermellini, hanno ulteriormente precisato che, qualora il comproprietario comunista abbia agito contro il divieto esplicito dell’altro comproprietario (ovvero a sua insaputa) quest’ultimo ha diritto allo ius tollendi per ottenere il ripristino dello status quo ante e, in caso di mancato o impossibile esercizio, il comproprietario costruttore vedrà riconosciuto un diritto di credito - gravante sugli altri comunisti, in proporzione alle rispettive quote di proprietà – come rimborso delle spese sostenute per la realizzazione dell’opera ivi edificata.