All’esito di un ampio dibattito, etico e giuridico, nel corso del quale sono entrati sovente in tensione i temi del diritto alla salute e della indisponibilità del bene vita, il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore la Legge 22 dicembre 2017, n. 219 recante “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” che tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e, soprattutto, all’autodeterminazione della persona. Il Legislatore, infatti, richiamandosi ai principi fondamentali della Costituzione (artt. 2, 13 e 32) e della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, ha stabilito che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”.

La legge interviene a regolamentare tutti i profili della relazione “di cura e fiducia” tra medico - paziente: consenso informato, doveri e responsabilità del medico e dell'équipe sanitaria, alleanza terapeutica, pianificazione delle cure, decisioni relative alla fase terminale della vita, rapporti tra medico e familiari del paziente, decisioni sulla salute del minore d'età e delle persone prive di autonomia, accanimento terapeutico, terapia del dolore, disposizioni anticipate di trattamento (DAT), che costituiscono la parte senz'altro più innovativa della legge di nuovo conio.

Per disposizione anticipate di trattamento si intende la manifestazione di volontà di una persona che, temendo di perdere, per malattia o intervento chirurgico, la capacità di intendere e di volere, individui i trattamenti sanitari ed il percorso terapeutico cui la stessa intenda sottoporsi, oppure attribuisca ad una persona (cosiddetto fiduciario) l’incarico di prendere le decisioni terapeutiche in propria vece, per il tempo in cui non sarà in grado di farlo autonomamente. L’art. 4 della legge citata prevede, infatti, che “ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo aver acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le DAT (disposizioni anticipate di trattamento) esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari. Indica altresì una persona di sua fiducia - denominata «fiduciario» - che ne faccia le veci e la rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie”.

Quanto agli effetti delle DAT, il legislatore sembra essersi orientato per una “vincolatività attenuata”, lasciando al medico significativi ambiti di discrezionalità; invero, il comma 5 dell’art. 4 prevede che il medico è tenuto al rispetto delle disposizioni anticipate, “le quali possono essere disattese, in tutto o in parte, ed in accordo col fiduciario, qualora esse appaiano palesemente incongrue, non corrispondenti all’attuale situazione clinica del paziente, ovvero qualora sopraggiunga la possibilità di terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita”.

Il comma 6 del predetto articolo dispone che “le DAT devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del Comune di residenza del disponente medesimo, che provvede all’annotazione in apposito registro, ove istituito, oppure presso le strutture sanitarie, quando ricorrono i presupposti di cui al comma 7” e possono essere modificate o revocate in qualsiasi momento utilizzando la stessa forma con cui sono state rilasciate. Nei casi in cui motivi di urgenza non consentono il rispetto della stessa forma la modifica o revoca può essere effettuata tramite dichiarazione verbale o videoregistrazione raccolta da un medico alla presenza di due testimoni; la comunicazione mediante videoregistrazione è consentita anche nei casi in cui il dichiarante non è in condizioni di firmare.

In seguito ad alcuni dubbi interpretativi sorti a proposito del coinvolgimento dell’Ufficio dello stato civile in qualità di ricevente la DAT, il Ministero dell’Interno, con circolare n. 1 dell’8 febbraio 2018, ha fornito alcune prime indicazioni operative in tema di Biotestamento, chiarendo che:

1. l’ufficio dello stato civile è legittimato a ricevere esclusivamente le DAT consegnate personalmente dal disponente residente nel Comune, recanti la sua firma autografa.

2. l’ufficiale non partecipa alla redazione della disposizione né fornisce informazioni o avvisi in merito al contenuto della stessa, dovendosi limitare a verificare i presupposti della consegna (identità e residenza del consegnante) e a riceverla

3. all’atto della consegna l’ufficiale fornisce al disponente formale ricevuta con l’indicazione dei dati anagrafici dello stesso, data, firma e timbro dell’ufficio

4. la legge non disciplina l’istituzione di un nuovo registro dello stato civile quindi l’ufficio, una volta ricevuta la DAT, deve limitarsi a registrare un ordinato elenco cronologico delle dichiarazioni presentate ed assicurare la loro adeguata conservazione.

Alla conservazione delle disposizioni anticipate è dedicato, infine, il comma 7 dell’art. 4. Le Regioni che adottano modalità telematiche di gestione dei dati del singolo iscritto al Servizio sanitario nazionale possono regolamentare la raccolta di copia delle DAT, compresa l’indicazione del fiduciario, e il loro inserimento nella banca dati, lasciando comunque al firmatario la libertà di scegliere se darne copia o indicare dove esse siano reperibili (Registro Regionale delle DAT).