La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8473/2019, è intervenuta sul tentativo di mediazione previsto a pena di improcedibilità della domanda giudiziale dall’art. 8 del D.lgs. n. 28 del 2010.

A fronte del consolidato orientamento, secondo cui i litiganti debbono comparire personalmente all’incontro preliminare di mediazione, il summenzionato indirizzo ermeneutico ha riconosciuto alla parte anche il potere di “farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l’assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura speciale sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell’avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista”: la comparizione alla mediazione – argomentano gli Ermellini -  non ha natura di atto strettamente personale, per cui, in assenza di una previsione espressa in materia, deve ritenersi attività delegabile ad altri.

La Cassazione, inoltre, discostandosi dai principi interpretativi elaborati dai giudici di merito, ha statuito che l’onere della parte che intenda agire in giudizio (o che, avendo agito, si sia vista opporre il mancato preventivo esperimento della mediazione e sia stata rimessa davanti al mediatore dal giudice) di dar corso alla mediazione obbligatoria possa ritenersi già realizzato “al termine del primo incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre”, non occorre, pertanto, che le parti provino a discutere e poi, in verbale, dare atto dell’impossibilità di giungere ad una soluzione positiva.