La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 28926/2018, ha affermato che la nullità del licenziamento a causa di matrimonio, prevista dall’art. 35 del d.lgs. n. 198/2006 e vigente per le sole lavoratrici donne, non integra alcuna discriminazione di genere.
Gli Ermellini, invero, richiamando le sentenze della Corte costituzionale n. 27/1969 e n. 61/1991, hanno sostenuto che “la previsione normativa in esame, lungi dall’essere discriminatoria, sia assolutamente legittima, in quanto rispondente ad una diversità di trattamento giustificata da ragioni, non già di genere del soggetto che presti un’attività lavorativa, ma di tutela della maternità, costituzionalmente garantita alla donna, pure titolare, come lavoratrice, degli stessi diritti dell’uomo, in funzione dell’adempimento della sua essenziale funzione familiare anche nell’assicurazione alla madre e al bambino di una speciale adeguata protezione”.
Infine, la Corte ha escluso che tale disposizione risulti in contrasto con le norme antidiscriminatorie di matrice europea, quali l’art. 23, comma 2, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, secondo cui “il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che accordino vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato“.