Nella pronuncia a Sezioni Unite del 26 febbraio 2019, n. 5640, relativa ad una questione di giurisdizione, la suprema Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto : “ogni qual volta si tratti di risolvere una questione di giurisdizione (così come in ogni altro caso in cui l’indagine sia diretta ad accertare se il giudice di merito sia incorso in un error in procedendo), la Corte di Cassazione è giudice anche del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non potendo la Corte ricercare e verificare a suo piacimento i documenti interessati dalla verifica, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo contenga tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a comprendere la dedotta violazione processuale e a procedere alla verifica dell’esistenza della soluzione alternativa a quella praticata dai giudici di merito, secondo la prospettazione alternativa del ricorrente”.
Alla luce di quanto statuito, dunque, il potere della Corte di riesaminare in fatto la questione sollevata non può essere attivato d’ufficio ma presuppone un’attività di parte, poiché la Cassazione, ribaltando il precedente orientamento (sempre a Sezioni Unite), non può “compiere un autonomo accertamento della volontà dei compromittenti”, bensìagisce nel rispetto della “puntuale ricostruzione della domanda giudiziale e della sua causa petendi, così come enunciate nell’atto introduttivo del giudizio e verificate a seguito dell’eccezione sollevata dalla parte convenuta”.